Le prime regole della nobile arte della difesa

…solo nel 1719 vediamo nascere a Londra una scuola moderna di pugilato. Nello stesso anno un certo James Figg si autodichiarò campione di boxe avendo vinto 15 combattimenti e non trovando nessun avversario che avesse il coraggio di sfidarlo. Figg aveva un corpo di atleta, era alto 1.84 cm e pesava 84 kg. Al tempo non si parlava di boxe ma di “nobile arte della difesa”. Naturalmente, oltre al sapersi difendere, a scuola si imparava anche come far valere i propri diritti, i quali erano meglio difesi dopo abbondanti mescite di birra e gin. Non esistevano regole di combattimento e i pugilatori lottavano a mani nude.
Il successore sul trono di Figg, certo Jack Broughton, propose nel 1743 un codice di regole che includevano: l’identificazione di un ring delimitato da corde, la presenza di due secondi che potessero assistere il pugilatore, l’identificazione di un arbitro per il giudizio e di un altro arbitro che controllasse il tempo. Inoltre venivano indicati i colpi vietati e cioè: colpi portati con la testa, coi piedi e le ginocchia e i colpi sotto la cintura. Era inoltre prevista la sospensione dell’incontro per 30 secondi quando uno o entrambi i pugilatori erano a terra; trascorsi i 30 secondi si contavano 8 secondi: chi non era in grado di riprendere era sconfitto. Non vi era però limite alla durata dei combattimenti. Era inoltre regola che si facessero scommesse e gli stessi pugilatori scommettevano su se stessi.
Famoso il caso di Johnson Jackling che, forte della sua superiorità, nella seconda metà del 1700 si arricchì grandemente puntando sempre su se stesso. Morì però in povertà, dopo aver suscitato entusiasmi enormi e sperperato la sua fortuna. Vediamoci adesso un po’ “movimento”…